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La cefalea di tipo tensivo: sintomi, cause, rimedi

Fra le forme più comuni di cefalea, quella di tipo tensivo occupa un posto di spicco per frequenza e diffusione. Vediamo come riconoscerla, affrontarla e alleviarne fastidi e ricorrenza.

L’attacco della cefalea di tipo tensivo (CTT) può avere una durata che varia da 30 minuti fino a 7 giorni. Per riconoscerla, accertatevi che risponda a più di 2 delle seguenti caratteristiche:

1. Localizzazione bilaterale

2. Dolore gravativo o costrittivo

3. Intensità lieve o moderata

4. Non si intensifica a seguito di attività fisica

 

Deve invece rispondere a entrambi i seguenti parametri:

1. Assenza di nausea o vomito

2. Riscontrate o fenomeni di fotofobia (fastidio per i rumori) o di fonofobia (fastidio per i rumori), non contemporaneamente.

 

Generalmente il dolore si localizza al vertice della testa o su tutta la testa a volte con diffusione alla nuca, collo fino alle spalle.

Quando avete la sensazione di ‘cerchio che stringe’, ‘fascia’, ‘morsa’, ‘peso al vertice’, ‘cappa’ o ‘casco’, avete in corso un attacco di cefalea di tipo tensivo. Nelle forme croniche (attacchi >15 gg/mese) potreste riscontrare anche ‘sensazione di confusione’ ‘testa pesante’, ‘sensazione di instabilità’, ‘sensazione di testa non libera’, difficoltà di concentrazione.

 

Esistono 4 tipi di CTT a seconda della frequenza degli attacchi nel mese:

- Cefalea di tipo tensivo sporadica: almeno 10 episodi di cefalea che si verifichino in media per un periodo che va da 1 giorno al mese a 12 giorni all’anno

- Cefalea di tipo tensivo frequente: almeno 10 episodi di cefalea che si verifichino in media 1-14 giorni al mese per un periodo che va da 3 mesi a un anno, ma meno di un anno e mezzo

- Cefalea di tipo tensivo cronica: quando la cefalea colpisce in media più di 15 giorni al mese per più di 3 mesi

- Probabile cefalea di tipo tensivo sporadica o frequente o cronica: uno o più episodi che soddisfino tutti i criteri clinici da classificazione tranne uno o episodi che non soddisfano i criteri della classificazione per qualunque altra forma di cefalea o non meglio attribuibile ad altra diagnosi.

Tutti e 4 i tipi sopra descritti possono associarsi o meno a dolorabilità dei muscoli pericranici/cervicali.

Epidemiologia

La prevalenza della CTT è molto alta, può arrivare anche fino all’80% dei soggetti della popolazione mondiale, anche se sembra che le forme sporadiche, che hanno uno scarso ricorso alle cure mediche, siano quelle più frequenti. Andando ad analizzare la prevalenza nell’ultimo anno, uno studio danese ha evidenziato che la distribuzione delle 3 forme di CTT era stata del 24-37% (frequenza attacchi: 1/mese o più), 10% CT con frequenza settimanale e 2-3% CT cronica.

Malgrado sia la forma più frequente e benigna, quando la frequenza degli attacchi aumenta può diventare disabilitante. Circa il 60% dei pazienti con la CTT riporta una considerevole disabilità, riduzione della performance lavorativa, aumento dell’assenteismo e minor coinvolgimento sociale. I costi totali (diretti + indiretti) sono maggiori di quelli dell’emicrania.

L’età media in cui si presenta per la prima volta è intorno ai 25-30 anni (più alta rispetto all’emicrania) con un picco di età verso i 30-39 anni e una riduzione all’avanzare dell’età. La distribuzione in relazione al sesso è di 5 donne su 4 uomini. La prognosi è in genere favorevole; in uno studio longitudinale danese di 12 mesi è stato evidenziato che circa il 50% delle forme croniche può riconvertirsi in forma episodica, mentre solo 12 % delle forme episodiche può evolvere verso una forma cronica (se coesistente emicrania, stato civile libero, disturbi del sonno).

Eziopatogenesi

L’esatta eziopatogenesi resta non ancora chiara, il dibattito è aperto sul contributo dei fattori periferici miofasciali e dei fattori centrali cerebrali. È probabile che nelle forme meno frequenti siano più implicati i fattori periferici (miofasciali), mentre nelle forme a più alta frequenza o croniche avvenga un meccanismo di sensitizzazione centrale con una promozione della trasmissione nocicettiva ed attivazione di un network algogeno più complesso. Gli studi scientifici hanno evidenziato che i pazienti affetti da CTT hanno più frequentemente dolorabilità dei muscoli pericranici rispetto ai soggetti sani, che la consistenza dei muscoli è aumentata soprattutto nei pazienti con CTT cronica e che la dolorabilità dei muscoli è correlata con l’intensità e la frequenza degli attacchi.

Per una corretta diagnosi l’esame clinico deve pertanto prevedere in questi casi anche la valutazione della postura e la palpazione manuale dei muscoli pericranici in particolare dei muscoli temporale, massetere, pterigoideo, sternocleidomastoideo, splenio del collo, trapezio. La ricerca della presenza di dolore e contrattura muscolare è utile ai fini diagnostici per trovare strategie preventive (ad es: valutare la posizione al lavoro (schermo, sedia, etc), favorire tecniche di rilassamento muscolare (training rilassamento, EMG biofeedback, etc) e prescrizione di eventuale terapia fisica manuale/strumentale.

 

Terapia

Terapia acuta per attacco: paracetamolo, farmaci antiifiammatori non steroidei (ibuprofene, ketoprofene, acido acetilsalicilico, naprossene, diclofenac) e farmaci con caffè in combinazione (tachicaf).

Terapia preventiva: lo scopo della terapia preventiva è quello di ridurre i giorni di cefalea mensili e/o l’intensità dell’attacco mediante il ripristino di un corretto bilanciamento del network algogeno visto sopra. Le linee guida suggeriscono l’utilizzo di farmaci che agiscono a livello periferico muscolare (miorilassanti: baclofen, ciclobenzaprina, tizanidina, ed altri) e/o a livello più centrale (antidepressivi: Amitriptilina, Mirtazapina, Clorimipramina, venlafaxina ed altri) per alcuni mesi consecutivi.  La terapia preventiva va iniziata, quando ci si trova di fronte ad un medio-alto numero di giorni di cefalea o quando la cefalea impatta negativamente sulla vista quotidiana del soggetto, valutando caso per caso.

È utile valutare oltre alla terapia farmacologica l’uso di nutraceutici (ad es. a base di magnesio) o terapie volte a favorire il rilassamento muscolare (training autogeno, EMG biofeedback, etc) o eventuale prescrizione di eventuale terapia fisica manuale/strumentale.

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